SORDITÀ: ASPETTI CLINICI E RIABILITATIVI
Domenico Cuda,
Antonio R. De Caria, Matilde Monici*
Unità Operativa di
Otorinolaringoiatria, Ospedale “G. da Saliceto” - Piacenza
*Struttura Complessa di
Otorinolaringoiatria, Ospedale “Carlo Poma” - Mantova
La capacità di comunicare e di socializzare del
genere umano è strettamente dipendente dall’abilità uditiva. Infatti non vi è
la possibilità di comunicare tra persone che non riescono a capire il messaggio
in arrivo. Ne risulta che una diminuzione dell’udito, detta anche ipoacusia o
sordità, determina delle difficoltà di comunicazione con conseguenti
alterazioni delle relazioni sociali, delle attività lavorative, discomfort
psicologico e modificazioni delle normali attività quotidiane, che possono
condurre a comportamenti e attitudini insidiosi e pericolosi per la qualità
della vita della persona. Infatti, legato all’ambiente e da esso dipendente,
l’uomo si trova, come tutto ciò che vive, inondato da stimoli che lo attivano e
lo animano. Il suono, la voce, la musica, sono proprio gli elementi che
svolgono un ruolo importante di attivazione. Tale processo si esplica per mezzo
di tutto il corpo, ma soprattutto tramite l’orecchio che raccoglie questi
stimoli che saranno trasmessi al cervello per un’ulteriore elaborazione.
A titolo di esempio, già alla nascita, il neonato
incontra un universo di suoni e rumori e inizia da subito ad apprenderli e a
memorizzarli: è il lavoro base che consentirà al cervello di acquisire il
linguaggio che vedrà i primi tentativi estrinsecarsi tra i 10 e i 18 mesi.
La potenzialità espressiva della voce e della parola non è
solo il mezzo per eccellenza di comunicazione fra gli esseri umani. La voce, la
parola possono prestare la loro ricchezza di modulazioni, alle manifestazioni
più significative nel campo dell’arte, dalla recitazione alla musica.
Approfondire lo studio dei meccanismi attraverso cui la parola e la voce
prendono corpo, delle patologie che possono comprometterne la funzionalità e la
comprensione, prevenire l’instaurarsi di tali patologie è, quindi, un compito
di grande importanza per tutti coloro che ritengono la comunicazione umana un
privilegio irrinunciabile.
In una società industrializzata come la nostra numerosi
sono i fattori che concorrono nel determinismo della perdita uditiva. Rumore,
fenomeni infiammatori, traumi, utilizzo improprio di farmaci, malattie croniche
e conseguenze di malattie acute, fumo, alcool e cattive abitudini alimentari,
possono causare sordità già in età giovane-adulta.
Il BIAP (Bureau Internationelle de Audiophonologie)
ha emanato la nuova classificazione audiometrica dei deficit uditivi. La
perdita totale media è calcolata considerando le frequenze 500, 1000, 2000,
4000 Hz, la somma della perdita in dB delle quattro frequenze considerate viene
divisa per quattro al fine di calcolare appunto la perdita media.
Si considera udito normale o nei limiti di norma
quando la perdita media non supera i 20 dB, sordità lieve fra 21 e 40 dB,
sordità media di primo grado fra 41 e 55 dB, sordità media di secondo grado fra
56 e 70 dB, sordità grave di primo grado fra 71 e 80 dB, di secondo grado fra
81 e 90 dB, sordità profonda di primo livello fra 91 e 100 dB, di secondo
livello fra 101 e 110 dB, di terzo livello fra 111 e 119 dB, perdita uditiva
totale 120 dB e oltre.
L’elaborazione sulla base dei dati demografici e di
proiezione identificata nella sordità un fenomeno in rapida espansione, ciò è
dovuto alla composizione demografica con il progressivo invecchiamento della
popolazione.
Le ipoacusie e i disturbi uditivi in Italia (popolazione
2006: 59.131.287) interessano circa 6,5 milioni di individui (fonte AIRS 2007).
Di questi, 711.000 in età prescolare e scolare (<13 anni). Secondo stime
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 450 milioni di individui in tutto il
mondo, hanno problemi uditivi. Questo dato corrisponde al 7% circa della
popolazione mondiale.
Anche se la sordità può riscontrarsi in qualsiasi momento
della vita, la sua prevalenza aumenta considerevolmente con l’età. Più del 40%
delle persone nella fascia di età 60-69 anni ha una sordità significativa e
l’incidenza aumenta fino al 90% nelle persone ultra ottantenni.
Nell’adulto, l’indebolimento uditivo è un fenomeno spesso
silente esso, infatti, è caratterizzato da qualcosa che si perde e non da
qualcosa che si percepisce. I pazienti ne sono spesso inconsapevoli a
differenza di quanto notano conviventi o conoscenti. Solamente quando il
deficit uditivo è tale da determinare una conclamata difficoltà a percepire la
voce parlata, il paziente si rende conto del disturbo. L’intervallo che
intercorre tra i primi sintomi e la consapevolezza della perdita uditiva può
variare tra 8 e 20 anni (Carson 2005).
Numerose ricerche hanno evidenziato che la sordità causa difficoltà
di comunicazione, riduzione della qualità della vita, con conseguente
isolamento sociale e depressione (Arlinger S et al, 2003; De Caria A., Monici
M. 2005; Golding M et al, 2005; Kricos PB et al., 2006). Più recentemente, è
stato anche dimostrato che la presenza di ipoacusia neurosensoriale bilaterale
significativa nell’anziano è da sola responsabile di un aumento di atrofia
cerebrale complessiva che interessa non solo le regioni temporali ma anche e
soprattutto le aree di integrazione sensoriale e di memoria, note per essere le
prime ad essere coinvolte nelle prime fasi della demenza di Alzheimer (Lin TR
et al, 2014; Pichora-Fueller et al. 2012). Un’ampia ricerca ha evidenziato
come, rispetto ad un gruppo di controllo di normoudenti, le persone affette da
sordità di grado lieve, medio e grave, se non prontamente corretta, abbiano
rispettivamente una possibilità di 2, 3 o 5 volte maggiore di sviluppare deficit
cognitivi (Lin F. et Al. 2011).
La perdita o una grave menomazione dell’udito è un
evento, per vari aspetti traumatizzante nella vita di un individuo, che assume
connotati ancora più drammatici quando il deficit uditivo colpisce la persona
anziana, nella quale alla menomazione sensoriale si accompagnano, quasi
costantemente, mutamenti involutivi delle funzioni cerebrali che inducono o
aggravano disturbi psichici e favoriscono atteggiamenti depressivi e
rinunciatari. I disturbi della funzione uditiva che accompagnano il processo di
invecchiamento vengono definiti globalmente come presbiacusia. Per presbiacusia
si intende la riduzione della capacità uditiva che subentra con l’età per i
fenomeni di senescenza fisiologica.
Le caratteristiche fisiopatologiche, interessate in
modo differente da persona a persona nella determinazione della malattia,
interagiscono con quelle psicologiche e sociali nell’indurre gli effetti della
perdita uditiva, provocando un impatto variabile sull’anziano non misurabile a
priori in base alla stima della sola perdita uditiva.
Si può quindi dire che la presbiacusia provoca degli
effetti che investono la sfera psicologica, sociale e cognitiva, in tal modo
influenzando direttamente le normali attività quotidiane, con una alterazione
del benessere psicofisico con condizioni generali di salute più scadenti,
minori capacità motorie, minori attitudini a trascorrere periodi della giornata
fuori dalla propria abitazione e notevole riduzione dei contatti e dei rapporti
interpersonali.
Risulta pertanto fondamentale effettuare una corretta
diagnosi audiologica (grado di ipoacusia, tipo, sede e capacità di recupero) in
modo da poter fornire al paziente tutte quelle possibilità di integrazione e di
sviluppo delle potenzialità. La precocità e la correttezza dell’intervento
riabilitativo sono determinanti; il tipo d’intervento riabilitativo prescelto e
l’insieme delle strategie d’amplificazione acustica adottate condizionano in
modo preminente la qualità di vita del soggetto.
Se nell’adulto e nell’anziano i deficit uditivi si
ripercuotono sulla vita di relazione, la sordità nel bambino, di qualunque
natura o entità, è un problema estremamente complesso che richiede una
prevenzione primaria efficace, una diagnosi precoce e, qualora necessari,
un’immediata protesizzazione e un lungo iter riabilitativo. Grazie all’avvento
degli screening neonatali, ormai diffusi in tutto il territorio nazionale, il
riconoscimento di un deficit uditivo nel neonato avviene, generalmente, entro i
primi tre mesi di vita. Questo consente di intervenire tempestivamente al fine
di fornire tutte le strategie terapeutico-riabilitative atte a far acquisire,
al piccolo paziente ipoacusico, le competenze linguistiche simili a quelli dei
bambini o adulti di pari età normoudenti.
La classificazione che più trova concordi la maggior
parte degli Studiosi, suddivide le cause di sordità infantile in due grandi
gruppi: ereditarie ed acquisite, e queste ultime in prenatali, perinatali e
postnatali (fig.1).
1)
recessive
EREDITARIE: 2)
dominanti
3)
legate al sesso
-
infettive (complesso ToRCH)
1)
prenatali
-
tossiche (esogena, endogena)
-
ipossia
ACQUISITE: 2)
perinatali
- ittero
-
infettive (parotite, morbillo, meningoencefalite)
3)
postnatali - traumatiche
-
tossiche (farmaci ecc.)
Fig.
1 Classificazione delle cause di ipoacusia in età pediatrica.
In Italia l’uno per mille dei bambini, con
prevalenza del sesso maschile, è portatore di deficit uditivo, questo dato è
molto vicino a quello dell’incidenza della sordità infantile nella C.E..
Il trattamento appropriato dei pazienti con deficit
uditivo consiste nella diagnosi precoce del deficit, nella valutazione delle
capacità di sviluppo, nella dotazione di dispositivi adeguati al tipo di deficit (apparecchi acustici o impianto
cocleare) ed infine in un follow-up teso ad assicurare che le protesi installate
funzionino adeguatamente, che siano le più adatte e che vengano usate con
costanza.
Conclusioni
Nel bambino, la mancanza di input udivo ha delle
ripercussioni molto gravi sulla acquisizione del linguaggio, sullo sviluppo
intellettivo, sul controllo espressivo, sulla vita di relazione e sullo
sviluppo delle diverse potenzialità sociali ed economiche.
E’ imperativo fornire al piccolo paziente
l’informazione sonora più ampia possibile, al fine di sfruttare le possibilità
plastiche delle strutture cerebrali per apprendere e mantenere il linguaggio
verbale.
Nell’adulto la correzione del deficit uditivo (con
apparecchi acustici, dispositivi ancorati all’osso – BAHA -, impianto cocleare)
ha l’obiettivo di recuperare in modo più o meno completo una capacità che il
soggetto in passato ha posseduto e che si è deteriorata a causa di processi
morbosi di diversa natura. Il soggetto sordo, tolto dal silenzio il più delle
volte angosciante che lo ha indotto all'isolamento, riacquista sicurezza,
fiducia in se stesso, maggiore autonomia e ritrova la forza e il desiderio di
comunicare, di sentirsi parte integrante della società.
Bisogna riflettere sull’importanza di ascoltare, di vivere
nell’ascolto e nella vera comunicazione per non trovarci improvvisamente soli
perché abbiamo solo parlato e mai ascoltato.
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