ASCOLTO E LINGUAGGIO

ASCOLTO E LINGUAGGIO

Antonio R. De Caria, Matilde M. Monici*
Audiologo - U. O. di ORL, Ospedale di Piacenza - Centro "AURIS"- Mantova
* Unità Operativa di Otorinolaringoiatria, Ospedale “Carlo Poma” - Mantova


Abstract
The communication difficulties associated with a loss of hearing abilities can be seen as a complex event because psychological disconfort and relational inhibitions interact and lead to behaviours and attitudes which are insidious and dangerous for the quality of life of the patient.
The complexity of the psychological-organic inconvenience, such as impairement disability and handicap led to use many diverse devices to try to compensate for hearing loss.
This study presents the technological evolution of hearing devices and pays attention more to rehabilitation aimed at restoring the communicative and hearing functions to prevent an impairement disability.

Riassunto
Le difficoltà di comunicazione determinate da una diminuzione della capacità uditiva possono essere viste come un evento assai complesso che causa difficoltà relazionali, discomfort psicologico e alterazioni delle normali attività quotidiane, che possono condurre a comportamenti e attitudini insidiosi e pericolosi per la qualità della vita del paziente.
La complessità dei disturbi psicologici-organici, come la disabilità e l’handicap conducono all’utilizzo di vari mezzi per cercare di compensare la perdita uditiva.
Questo lavoro presenta gli attuali mezzi a disposizione per compensare i deficit uditivi, focalizzando l’attenzione sulla riabilitazione finalizzata a ripristinare le funzioni uditive e comunicative e prevenire uno stato di handicap.


Parole chiave: ipoacusia, apparecchi acustici, impianto cocleare, acquisizione del linguaggio, riabilitazione logopedica, disordini della comunicazione.

Key words: hearing loss, hearing aids, cochlear implant, language acquisition, speech rehabilitation, communication disorders.






Introduzione

Legato all’ambiente e da esso dipendente, l’uomo si trova, come tutto ciò che vive, inondato da stimoli che lo attivano e lo animano. La corteccia cerebrale deve essere “ricaricata” in continuazione da stimoli sensorio-motori, deve ricevere una certa quantità di energia in grado di attivare la sua sensibilità. Il suono è proprio uno degli elementi che svolgono un ruolo importante di attivazione. Tale processo si esplica per mezzo di tutto il corpo, ma soprattutto tramite l’orecchio che raccoglie questi stimoli che saranno trasmessi alla corteccia per un’ulteriore elaborazione.
Il complicato processo che porta alla formazione del sistema uditivo è apprezzabile nell’embrione intorno alla terza settimana di gestazione, in cui si nota una invaginazione nella regione cefalica dalla quale origina l’otocisti; attorno al sesto mese di gravidanza il sistema uditivo è anatomicamente completo.
Ciò significa che da quel momento, le informazioni sonore sono in grado di raggiungere la corteccia e iniziare quel processo di costruzione delle sinapsi interneurali basilare per il successivo apprendimento del linguaggio e, quindi, dell’immissione nel mondo della comunicazione.
È chiaro che i primi tre mesi di funzionamento del sistema uditivo ancora all’interno dell’utero materno sono importantissimi, anche se le informazioni che possono raggiungerlo sono frequenzialmente molto incomplete (passano solo frequenze molto gravi) e di intensità solo occasionalmente intensa.
Ma ciò è già sufficiente per costruire un certo numero di sinapsi e predisporre la corteccia all’impegno ben più arduo e complesso che incontrerà dopo la nascita.
Una volta venuto al mondo il neonato incontra un universo di suoni e rumori molto più complesso di quello che aveva conosciuto nell’utero materno ed inizia da subito ad apprenderli e a memorizzarli: è il lavoro base che consentirà alla corteccia di impostare la verbalità che vedrà i primi tentativi estrinsecarsi tra i 10 e i 18 mesi di vita del bambino.
Ascoltare è prestare il campo cosciente all’orecchio, è tendere l’orecchio all’informazione. Ora, ogni informazione captata, qualunque essa sia, tatto, vista, perfino gusto, dipende, grazie al linguaggio dalla centralizzazione uditiva, superando la concezione che normalmente attribuisce il primato al regno neurologico. L’orecchio realizza la sintesi degli organi sensoriali permettendo di raccogliere le loro informazioni, il cui immagazzinamento consente, attraverso il linguaggio, di ritrovare l’evocazione, indifferentemente dalla forma, dal colore, dalla grandezza, dal volume, dal peso, dalla densità e da qualsiasi sia la maniera (astratta, poetica, logica o concreta) cristallizzata o semplicemente abbozzata delle informazioni; queste saranno allora immagazzinate corticalmente sottoforma engrammate, la cui emersione memorizzata trascinerà sistematicamente il programma o i programmi, dei quali esse in qualche modo sono i “chip”.
La potenzialità espressiva della voce e della parola non è solo il mezzo per eccellenza di comunicazione fra gli esseri umani. La voce, la parola possono prestare la loro ricchezza di modulazioni, il loro potere di fascinazione alle manifestazioni più significative nel campo dell’arte, dalla recitazione alla musica. Approfondire lo studio dei meccanismi attraverso cui la parola e la voce prendono corpo, e delle patologie che possono comprometterne la funzionalità, è quindi un compito di grande importanza per tutti coloro che ritengono la comunicazione umana un privilegio irrinunciabile.
Il linguaggio verbale è sempre sottolineato e confermato da gesti e posture così strettamente legati e interdipendenti da non potersi dividere; bensì devono unirsi in una sola parola: comunicazione.
La comunicazione è quel fenomeno che permette a due o più esseri viventi di entrare in contatto ed avere reciproci scambi di informazioni.
Quando “comunichiamo”, il linguaggio, nella sua successione temporale di suoni codificati e ricchi di significato, è solo una parte del messaggio che vogliamo comunicare. Le posture del corpo, della testa, la direzione dello sguardo e la sua intensità, i movimenti delle mani, la distanza o vicinanza interpersonale, l’espressione facciale confermano il linguaggio verbale, la sua intenzionalità e l’interazione umana della comunicazione. La comunicazione si manifesta così in tutto il suo potere e significato in una vera melodia di suoni e movimenti. Il corpo parla, ascolta, si manifesta, esprime, e ogni movimento e azione sono un linguaggio ricco di emotività, di autenticità che è l’espressione del proprio essere, di come si è al mondo, di come ci si rapporta.
Le parole sono affermate o confermate dal gesto e dalle posture, quasi sempre nella non consapevolezza dell’emittente , ma devono essere decodificate correttamente dal ricevente, che a sua volta risponde con la stessa inconsapevolezza del corpo che parla.
Il linguaggio verbale e non verbale sono la comunicazione, ma comunicare è l’intenzione di passare un messaggio usando un mezzo che deve essere recepito, conosciuto e riconosciuto dal ricevente. Nel duplice movimento tra emittente e ricevente deve esserci il desiderio e la possibilità di comunicare e di ascoltare: la parola informa, il corpo ascolta, ma nel reciproco rapporto spesso la comunicazione si perde.
Il linguaggio verbale è quindi l’espressione delle esperienze corporee e sensoriali, ma è anche la manifestazione del linguaggio interiore fatto di emotività e di comunicazione affettiva.
L’individuo comunicante è contemporaneamente fonte e destinatario dell’informazione, in un continuo e plastico alternarsi di ruoli che caratterizza il fenomeno comunicativo; è parlante e ricevente in quanto il messaggio in arrivo deve essere elaborato, decodificato per permettere la realizzazione di un messaggio di “ritorno” che sia congruo e pertinente con quello in “arrivo”. Dovranno perciò essere integri i sistemi di ingresso, di elaborazione e di uscita, essendo i tre distretti strettamente interdipendenti l’uno dall’altro: se è alterato l’ingresso, l’elaboratore ha a disposizione un materiale più o meno distorto su cui lavorare, per cui il soggetto emette un messaggio di risposta inadeguato.
La comunicazione verbale dipende quindi strettamente dalla funzionalità uditiva, risulta pertanto imperativo mantenere l’udito integro ed efficiente il più a lungo possibile.





IL FENOMENO SORDITA’

In Italia su una popolazione di 57milioni di abitanti si è stimato che gli ipoacusici nel 1997 erano 5.930.993, di questi 711.000 in età prescolare e scolare (<13 anni="" br="">Le stime indicano che entro il 2010 le persone con deficit uditivi tali da compromettere la comunicazione saranno oltre 9milioni.
Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 350 milioni di individui hanno problemi uditivi. Questo dato corrisponde al 7% della popolazione mondiale.
Il BIAP (Bureau Internationelle de Audiophonologie) ha emanato la nuova classificazione audiometrica dei deficit uditivi. La perdita totale media è calcolata considerando le frequenze 500, 1000, 2000, 4000 Hz, la somma della perdita in dB delle quattro frequenze considerate viene divisa per quattro al fine di calcolare appunto la perdita media.
Si considera udito normale o nei limiti di norma quando la perdita media non supera i 20 dB, sordità lieve fra 21 e 40 dB, sordità media di primo grado fra 41 e 55 dB, sordità media di secondo grado fra 56 e 70 dB, sordità grave di primo grado fra 71 e 80 dB, di secondo grado fra 81 e 90 dB, sordità profonda di primo livello fra 91 e 100 dB, di secondo livello fra 101 e 110 dB, di terzo livello fra 111 e 119 dB, perdita uditiva totale 120 dB e oltre.
La perdita o una grave menomazione dell’udito è un evento, per vari aspetti traumatizzante nella vita di un individuo, che assume connotati ancora più drammatici quando il deficit uditivo colpisce la persona anziana, nella quale alla menomazione sensoriale si accompagnano, quasi costantemente, mutamenti involutivi delle funzioni cerebrali che inducono o aggravano disturbi psichici e favoriscono atteggiamenti depressivi e rinunciatari.
I disturbi della funzione uditiva che accompagnano il processo di invecchiamento vengono definiti globalmente come presbiacusia. Per presbiacusia si intende la riduzione della capacità uditiva che subentra con l’età per i fenomeni di senescenza fisiologica.
Le caratteristiche fisiopatologiche, interessate in modo differente da persona a persona nella determinazione della malattia, interagiscono con quelle psicologiche e sociali nell’indurre gli effetti della perdita uditiva, provocando un impatto variabile sull’anziano non misurabile a priori in base alla stima della sola perdita uditiva.
Si può quindi dire che la presbiacusia provoca degli effetti che investono la sfera psicologica e sociale, in tal modo influenzando direttamente le normali attività quotidiane, con una alterazione del benessere psicofisico con condizioni generali di salute più scadenti, minori capacità motorie, minori attitudini a trascorrere periodi della giornata fuori dalla propria abitazione e notevole riduzione dei contatti e dei rapporti interpersonali.
Se nell’adulto e nell’anziano i deficit uditivi si ripercuotono sulla vita di relazione, la sordità nel bambino, di qualunque natura o entità, è un problema estremamente complesso che richiede una prevenzione primaria efficace, una diagnosi precoce e, qualora necessari, un’immediata protesizzazione e un lungo iter riabilitativo.
La classificazione che più trova concordi la maggior parte degli Studiosi, suddivide le cause in due grandi gruppi: ereditarie ed acquisite, e queste ultime in prenatali, perinatali e postnatali (Fig. 1).

1) recessive
EREDITARIE : 2) dominanti
3) legate al sesso


- infettive (complesso ToRCH)
1) prenatali
- tossiche (esogena, endogena)

- ipossia
ACQUISITE : 2) perinatali
- ittero

- infettive (parotite, morbillo, meningoencefalite)
3) postnatali - traumatiche
- tossiche (farmaci ecc.)

Fig. 1 Classificazione delle cause di ipoacusia.


In Italia l’uno per mille dei bambini, con prevalenza del sesso maschile, è portatore di deficit uditivo, questo dato è molto vicino a quello dell’incidenza della sordità infantile nella C.E..
La diagnosi in audiologia pediatrica risulta senza dubbio tra le più complesse e difficili della pratica clinica. Gli obiettivi che si devono in ogni caso perseguire sono essenzialmente due: il primo avrà come scopo quello di quantificare la perdita uditiva e di identificare la sede della lesione; il secondo sarà teso a verificare se l’ipoacusia è causa di disabilità e/o handicap comunicativi.
La sordità che si presenta durante l’età evolutiva ha conseguenze profondamente negative sullo sviluppo dell’individuo. L’apprendere a comunicare è la parte più difficile e più gratificante dell’accrescimento del bambino. Un deficit uditivo che si instaura in età preverbale, se lasciato a sé, può alterare irreversibilmente i processi di acquisizione e di produzione del linguaggio. Un difetto uditivo che interviene in età postverbale può ostacolare in modo consistente la comunicazione verbale. In entrambi i casi i processi di apprendimento risultano variamente difficoltosi con un grave pregiudizio dello sviluppo psico-sociale.
Lo sviluppo psichico del bambino ipoacusico, paragonato a quello di un normoudente di pari età, risulta nettamente inferiore e al tempo stesso sono carenti in lui le capacità di astrazione. Queste condizioni si verificano unicamente per la scarsezza di informazioni che giungono al bambino ipoacusico piuttosto che per una reale “alterazione” di ordine psicologico. Una diagnosi precoce, nonché una precoce protesizzazione e una corretta riabilitazione sono indispensabili per prevenire gravi turbe del linguaggio che sono il vero e solo problema del bambino sordo, da cui dipende lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale, nonché gli apprendimenti scolastici e l’inserimento sociale.
L’età ottimale per l’inizio dell’intervento protesico e riabilitativo è attorno ai 7-12 mesi di vita, quando nel bambino il canale uditivo diventa l’organizzatore principale dello sviluppo psicologico.
Di fondamentale importanza risulta anche la terapia riabilitativa logopedica, poiché l’applicazione della protesi acustica non è intesa come punto di arrivo, ma come punto di partenza per l’instaurarsi di un valido programma educativo. La protesizzazione va intesa quindi come un momento educativo, un aspetto in un contesto di educazione alla comunicazione molto più vasto. L’apparecchio acustico è l’elemento che facilita l’ingresso di sensazioni sonore che, attraverso l’educazione logopedica globale, dovranno acquisire il ruolo di messaggio.
Partner essenziale nella rieducazione del bambino ipoacusico risulta essere la famiglia, la quale, dopo la difficile accettazione della disabilità uditiva, deve recuperare fiducia nella sua insostituibile funzione educativa.

LA PROTESIZZAZIONE ACUSTICA

La protesizzazione acustica è un complesso processo terapeutico indicato in tutti i casi di ipoacusia invalidante non trattabile farmacologicamente o chirurgicamente. Il trattamento appropriato dei pazienti con deficit uditivo consiste nella diagnosi precoce del deficit, nella valutazione delle capacità di sviluppo, nella dotazione di apparecchi acustici appropriati ed infine in un follow-up teso ad assicurare che le protesi installate funzionino adeguatamente, che siano le più adatte e che vengano usate con costanza.
Alle protesi acustiche si sono affiancate negli ultimi anni altre risorse tecnologiche, costituite da: ausili vibrotattili in cui si scavalca il sistema uditivo e si sfrutta un sistema sensoriale “alternativo” come il tatto; impianto cocleare che determina la stimolazione elettrica diretta del nervo acustico; impianto del tronco encefalico finalizzato a produrre sensazioni uditive stimolando elettricamente il nucleo cocleare situato a livello del tronco encefalico, che normalmente riceve gli impulsi del nervo acustico essendo una stazione di passaggio obbligata prima della corteccia cerebrale.

Apparecchi acustici

Il primo apparecchio acustico propriamente detto apparve intorno al XVIII secolo ed era formato da un corno applicato al condotto uditivo esterno. Il Cornetto Acustico fu prodotto in molti e vari modelli e rimase l'unico vero apparecchio per sordi fino all'inizio di questo secolo.
Fu intorno al 1950 che gli apparecchi acustici cominciarono ad assumere dimensioni più contenute, finché alla metà dello stesso decennio emersero i primi circuiti a transistors montati su circuiti stampati. Attualmente l’apparecchio acustico non è più considerabile un semplice amplificatore di suoni ma, grazie alla tecnologia microelettronica, si è notevolmente perfezionato ed è divenuto un elaboratore/processore dei segnali, consentendo di adattare le proprie caratteristiche elettroacustiche alla maggior parte dei tipi di deficit uditivo, offrendo al paziente ipoacusico un’amplificazione controllata e confortevole.
Le protesi acustiche sono apparecchi che ricevono e amplificano i suoni ambientali e li ripropongono con volume aumentato all’orecchio del soggetto ipoacusico. Indipendentemente dal modello e dalle caratteristiche elettroacustiche una protesi acustica è essenzialmente composta da tre elementi: un trasduttore di ingresso (microfono), un amplificatore che viene alimentato da una pila a bottone di semplice sostituzione e un trasduttore di uscita (impropriamente detto “ricevitore”). (Fig.2)
In base alla capacità e alle modalità di trattamento del segnale, gli apparecchi acustici si distinguono in analogici (tradizionali), programmabili digitalmente e totalmente digitali.
Le protesi analogiche si offrono però a numerosi spunti critici, riguardanti la difficoltà, riferita dai pazienti, sull'adattamento alle varie situazioni di ascolto (silenzio, rumore, musica, ambienti affollati, suoni forti, ecc.) e la effettiva difficoltà di discriminazione verbale in ambiente rumoroso, rumore di fondo eccessivo e fenomeni di feed-back.
L'innovazione tecnologica ha permesso l'introduzione sul mercato di protesi acustiche sempre più sofisticate (Programmabili e Digitali) capaci di rispondere al meglio alle aspettative del paziente ipoacusico.

Modelli di apparecchi acustici

Si distinguono protesi a conduzione ossea e protesi a conduzione aerea.
Le protesi a conduzione ossea vengono utilizzate esclusivamente nelle ipoacusie trasmissive e quindi prescelte in caso di bambini con otorrea cronica o microtia bilaterale associata ad assenza del condotto uditivo esterno. Il modello più diffuso è quello ad occhiale, dove i circuiti sono alloggiati nelle stanghette e i ricevitori sono sostituiti da vibratori ossei che, collocati all’estremità delle aste, trasmettono le vibrazioni sonore alle mastoidi.
Le protesi a conduzione aerea rappresentano i dispositivi più efficaci e più frequentemente usati. Queste includono: le protesi retroauricolari e le protesi endoauricolari.
L’apparecchio acustico più completo e versatile è sicuramente quello retroauricolare. Tutte le componenti elettroniche sono collocate in un guscio sagomato posto dietro al padiglione auricolare, da dove i suoni, amplificati ed elaborati, vengono convogliati, tramite un tubicino di plastica, alla chiocciola “su misura” situata nel condotto uditivo esterno.
La tecnologia si è notevolmente evoluta, determinando la nascita di apparecchi acustici intrauricolari e intrameatali a totale scomparsa nel condotto uditivo esterno.
In tali tipi di apparecchi tutte le componenti sono collocate in un guscio “su misura” che si inserisce direttamente nella conca auricolare o nel condotto uditivo. Caratteristiche di tali apparecchi sono l’ottimale collocazione acustica del microfono e l’elevata accettabilità estetica, con superamento dei pregiudizi psicologici e della riluttanza ad avvicinarsi alla protesizzazione acustica che rende manifesto l’handicap uditivo.

Le nuove tecnologie

Negli ultimi anni la miniaturizzazione e l'integrazione dei componenti unitamente alla tecnologia informatica hanno reso possibile la nascita di nuove classi di apparecchi acustici, capaci di elaborare in tempo reale un numero estremamente elevato di informazioni e di adattarsi a quasi tutte le situazioni di ascolto.
La tecnologia digitale applicata alle protesi acustiche si è avvalsa di due metodiche completamente diverse per l’elaborazione e il trattamento del segnale: la prima è data da una programmazione digitale di circuiti analogici (protesi programmabili digitalmente); la seconda dalla ben più complessa elaborazione totalmente digitale del segnale (protesi totalmente digitali).


1. Protesi programmabili digitalmente

In questo tipo di protesi le prestazioni di un normale amplificatore analogico vengono regolate dai segnali digitali. La programmazione si ottiene mediante inserimento dell'audiogramma del paziente in un PC. In base al profilo audiologico del paziente, perdita uditiva, attese, bisogni, priorità, il software guida alla selezione dell'apparecchio acustico più idoneo.
In virtù delle risposte, reazioni e valutazioni del paziente, l'apparecchio acustico viene regolato, le regolazioni (algoritmi) vengono memorizzate nel microchip dell'apparecchio acustico e possono essere richiamate dal paziente, opportunamente istruito, rispetto alle diverse situazioni di ascolto.
Spostando semplicemente un tasto sull'unità di programmazione, l'utente fornisce il comando per eseguire uno degli algoritmi memorizzati. Le istruzioni corrispondenti vengono trasmesse all'apparecchio acustico, che da quell’istante elaborerà il segnale in entrata nel modo specificato dall'algoritmo.
I progressi ottenuti con l'avvento dei programmabili rispetto alle protesi analogiche tradizionali, si possono così sintetizzare: maggior numero di regolazioni; maggiore precisione nelle regolazioni; maggiore flessibilità applicativa; regolazioni per diverse situazioni di ascolto.
Di conseguenza i vantaggi per il paziente sono: adattamento della protesi al quadro acustico; accettazione immediata dell'apparecchio con ridotto tempo di adattamento rispetto alle protesi convenzionali; migliore comprensione del parlato anche nel rumore; assenza di distorsione.
Gli apparecchi acustici della serie Swing sono quelli che attualmente ricevono il maggiore consenso da parte dei pazienti, sia per l’eccellente qualità del suono e la purezza della riproduzione verbale, sia per le caratteristiche tecniche (completa scomparsa nel condotto uditivo, bobina per le comunicazioni telefoniche).

2. Protesi totalmente digitali

Un successivo salto di qualità nello sviluppo tecnologico applicato alla correzione dei deficit uditivi è stata la nascita degli apparecchi acustici totalmente digitali.
Questo tipo di apparecchi acustici si differenziano dai programmabili in quanto il paziente non crea delle situazioni di ascolto a lui ideali già memorizzate nell'apparecchio acustico e successivamente richiamate, ma è l'apparecchio acustico digitale che elabora automaticamente il suono in virtù del profilo audiometrico del paziente. Nelle protesi acustiche totalmente digitali il segnale in arrivo viene elaborato in un microcomputer incorporato, secondo un programma specifico che determina la risposta in frequenza, il guadagno e l’uscita massima.
Gli apparecchi acustici digitali sono dotati di un processore in grado di riconoscere il parlato dal rumore di fondo e di effettuare, mediante migliaia di calcoli in tempo reale, un'analisi statistica del segnale. Le frequenze in cui predomina il parlato vengono così esaltate, quelle dove il rumore prevale soppresse. Si ha così la possibilità di disporre di un sistema in grado di fornire una resa sonora di alta qualità e il più vicino possibile a quella fisiologica. Tra gli apparecchi acustici di ultima generazione si deve obbligatoriamente citare la serie Signia, protesi digitale multicanale (8 c.), multiprogramma, dotato di sistema a doppio microfono ottimizzato e algoritmo di analisi vocale, 10 stadi di compressione e nella versione retroauricolare controllo di volume impostabile tramite PC.

IMPIANTO COCLEARE

L’Impianto Cocleare, altrimenti definito Protesi Cocleare, è un dispositivo finalizzato alla stimolazione elettrica della coclea, in grado di sostituire la funzione delle cellule ciliate cocleari e di trasformare il suono in potenziali elettrici che stimolano direttamente il nervo acustico, in modo da determinare sensazioni uditive a livello delle aree corticali in soggetti con sordità totale o profonda che traggono scarso o nullo beneficio dall'utilizzo della protesi acustica.
I primi esperimenti di stimolazione elettrica dell'apparato uditivo riportati in letteratura risalgono al 1800 quando Alessandro Volta pubblicò un lavoro nel quale riferiva di sensazioni uditive conseguenti all'applicazione degli elettrodi di una pila sul condotto uditivo esterno.
Nei primi anni Sessanta W. House dimostrò la possibilità di introdurre degli elettrodi attraverso la finestra rotonda della coclea. Con questa tecnica venne impiantato per la prima volta un soggetto sordo totale.
Negli anni successivi, vari Autori si sono interessati alla possibilità di stimolazione diretta del nervo acustico al fine di generare sensazioni uditive in pazienti con sordità neurosensoriale profonda.
Negli anni Ottanta, Clark et Al. realizzarono un prototipo di impianto cocleare multielettrodo, che, con successive variazioni, è arrivato ad avere i 24 elettrodi attuali (Nucleus CI 24 K, Nucleus CI 24 Contour con processore del linguaggio Sprint ed Esprit).

Aspetti tecnici e strumentali

Tecnicamente, l'Impianto Cocleare è costituito da una parte esterna extracorporea e da una parte interna intracorporea, tra loro collegate indirettamente mediante un sistema ad induzione elettromagnetica (transcutaneo) o direttamente con un connettore percutaneo. (Fig.3)
La parte esterna è schematicamente costituita da:
- microfono, che trasduce le onde di pressione sonora in energia elettrica che verrà inviata al processore;
- processore (speech processor) che dopo aver amplificato l'energia elettrica la trasforma da segnale analogico in digitale più adatto alla stimolazione diretta del tessuto nervoso (alcuni processori vocali sono tuttavia ancora di tipo analogico);
- sistema di collegamento con la porzione impiantata nell'orecchio interno.
Gli impianti cocleari possono essere classificati in impianti monoelettrodo o multielettrodo. Gli elettrodi sono impiantati nella rampa timpanica attraverso la finestra rotonda oppure effettuando un stomia del giro basale della coclea.

Indicazioni

L'impianto cocleare è indicato nei soggetti che hanno perso completamente l'udito o che presentano una sordità profonda per una lesione dell'orecchio interno e che traggono scarso o nullo beneficio dall’utilizzo di una protesi acustica tradizionale. Nel Centro Otochirurgico di Montpellier, uno dei centri leader dell’impianto cocleare, criterio utile di selezione dei pazienti è una discriminazione vocale con protesi acustica uguale o inferiore al 30%. L'indicazione dell'impianto va posta oggi non solo nei soggetti adulti ma anche nei bambini di due o tre anni, anacusici o con sordità profonda per una lesione dell'orecchio interno, ma con buona funzionalità del nervo acustico.
Nei bambini è utile, prima di proporre l'impianto, effettuare un tentativo di almeno sei mesi con la terapia protesico riabilitativa tradizionale.

Riabilitazione del bambino e dell'adulto

I momenti nei quali si esplica l'intervento logopedico sono: la fase preimpianto (selezione) e la fase postimpianto (riabilitazione ).
Il logopedista partecipa alla selezione del soggetto, valutando le problematiche del paziente sul piano comunicazionale e individuando gli eventuali fattori che possono costituire delle controindicazioni all'intervento. La rilevazione di detti parametri si esplica mediante un protocollo ben definito che varia in rapporto all’età del soggetto (adulto o bambino) e all'epoca di insorgenza della sordità (preverbale o postverbale). Le modalità di intervento vertono sull'analisi della capacità uditiva, dell'espressione verbale, dell’abilità cognitiva, della lettura labiale e dell'interazione.
Il programma di stimolazione uditiva del bambino preverbale verte inizialmente sui seguenti aspetti:
- presa di coscienza del suono (strumentale, vocalico, ambientale)
- sviluppo della capacità di analisi uditiva di stimoli acustici che si differenziano per
il timbro, l’intensità, la durata, il ritmo, l’intonazione, l’accentazione ecc.
- identificazione e riconoscimento dei tratti fonetici della parola con comprensione
del messaggio verbale.
Parallelamente il logopedista porrà estrema attenzione all’aspetto espressivo del linguaggio intervenendo, soprattutto nel bambino non più piccolo, con esercizi specifici.
I soggetti diventati sordi profondi o totali in età adulta, avendo già un linguaggio precostituito, non necessitano in genere di un intervento riabilitativo lungo ed intensivo.
Tutti gli specialisti sono comunque concordi nell’affermare che un ciclo prolungato di sedute sviluppa, in modo migliore e in tempi più brevi, la codificazione delle nuove informazioni sonore spesso difficoltosa soprattutto in soggetti in silenzio da anni.
La riabilitazione del soggetto impiantato ha come finalità lo sviluppo delle capacità di utilizzazione delle stimolazioni uditive generate dallo stimolo elettrico. Ciò permette al soggetto diventato sordo di ripristinare una comunicazione interrotta e al bambino nato sordo di sviluppare un linguaggio verbale adeguato.


Impianto del tronco encefalo

L’impianto troncoencefalico è finalizzato a produrre sensazioni uditive stimolando elettricamente il nucleo cocleare situato a livello del tronco encefalico, che normalmente riceve gli impulsi nervosi dal nervo acustico, essendo una stazione di passaggio obbligata prima della corteccia encefalica.
L’impianto troncoencefalico è indicato esclusivamente nei pazienti con sordità profonda o anacusia bilaterale derivante da patologie a carico di entrambi i nervi acustici (sordità retrococleare) e non va considerato come una alternativa all’apparecchio acustico o all’impianto cocleare. Una delle patologie responsabili di questo tipo di sordità, risulta essere la neurofibromatosi di tipo 2, che spesso è causa di crescita di tumori dell’angolo pontocerebellare.
Gli elettrodi dell’impianto del troncoencefalico vengono posizionati a livello del nucleo cocleare nel recesso laterale del IV ventricolo, il porta elettrodi ha una peculiare conformazione a T che agisce promuovendo la crescita tissutale in modo da inglobare la porzione terminale dell’elettrodo nel giro di una – due settimane dall’intervento chirurgico. Tutti gli altri componenti sono uguali all’impianto cocleare.
I risultati clinici hanno dimostrato che l’impianto troncoencefalico determina sensazioni uditive nel 96% dei pazienti impiantati. Il 90% dei soggetti risponde positivamente ai test utilizzando contemporaneamente la lettura labiale e il 35% ha un modesto guadagno nella comprensione del linguaggio senza lettura labiale.

Conclusioni

Nel bambino, la mancanza di input udivo ha delle ripercussioni molto gravi sulla acquisizione del linguaggio, sullo sviluppo intellettivo, sul controllo espressivo, sulla vita di relazione e sullo sviluppo delle diverse potenzialità.
E’ imperativo fornire al piccolo paziente l’informazione sonora più ampia possibile, al fine di sfruttare le possibilità plastiche delle strutture cerebrali per apprendere e mantenere il linguaggio verbale.
Le ninnenanne della prima infanzia, i giochi sonori, le parole o la musica di qualunque tipo ascoltate in ambienti diversi, in particolare la voce dei genitori, sono accompagnate da una partecipazione affettivo-emotiva e producono l’interiorizzazione di questo o quel modello sonoro, di un certo tipo di stile vocale, favorendo così la formazione di una serie di competenze e di una propria identità linguistica.
Gli apprendimenti già acquisiti risentono dell’ambiente culturale in cui sono avvenuti, in quanto la percezione uditiva non si sviluppa su materiali neutri ma a contatto con un determinato contesto culturale, cioè interagendo con le pratiche sociali di questa o quella cultura, si modella sui materiali usati, fruiti. Come dice lo psicologo russo Leontjev (1969) non si nasce con organi pronti a compiere le funzioni prodotte dallo sviluppo storico umano, ma questi organi si sviluppano durante la vita sulla base dell’esperienza storica.
Conoscere le competenze già possedute dai pazienti è essenziale nella relazione educativa sia per valorizzarle, sia per innestare su di esse i nuovi apprendimenti, sia per evitare di proporre ciò che è già stato acquisito. L’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo della capacità espressiva linguistica, proponendo numerose attività che ruotino intorno ai due componenti fondamentali dell’esperienza acustica: capire e produrre parole.
Nell’adulto la protesizzazione acustica ha l’obiettivo di recuperare in modo più o meno completo una capacità che il soggetto in passato ha posseduto e che si è deteriorata a causa di processi morbosi di diversa natura.
I deficit dell’udito nell’adulto determinano conseguenze sul vissuto psichico e sul comportamento che sono notevolmente influenzate dalla vicarianza di altre modalità sensoriali, dal fenomeno della costanza percettiva, dalla resistenza al cambiamento, che si accentua con l’aumentare dell’età, dal comportamento che gli altri mantengono nei riguardi della persona che presenta una diminuzione della capacità uditiva. Il senso di frustrazione o di impotenza avvertita dall’ipoacusico si tradurrà in una spinta all’isolamento, alla diffidenza, alla depressione, all’alterazione del benessere psicofisico e non per ultimo alla possibilità di realizzazione delle potenzialità e capacità professionali.
Il soggetto sordo, tolto dal silenzio il più delle volte angosciante che lo ha indotto all'isolamento, riacquista sicurezza, fiducia in se stesso, maggiore autonomia e ritrova la forza e il desiderio di comunicare, di sentirsi parte integrante della società.
Nella parabola della vita, dai primi suoni all’ultimo respiro, l’uomo ha bisogno di essere ascoltato capito e amato nella sua completezza di corpo e di pensiero, nei suoi limiti e nelle sue capacità.
Bisogna riflettere sull’importanza di ascoltare, di vivere nell’ascolto e nella vera comunicazione per non trovarci improvvisamente soli perché abbiamo solo parlato e mai ascoltato.
Non creiamo livelli standard con cui misurare i percorsi di ciascuno. In questo, come in tutti gli altri ambiti sociali, la strada può essere percorsa in molti modi: noi creiamo le condizioni perché ognuno possa compiere il percorso migliore.










































BIBLIOGRAFIA

· Arpini A.: L'udito nella storia. Ed. La Nuova Audiometrie; 1996

· Arslan E.: Diagnosi e prevenzione delle sordità preverbali nel bambino, Audiol Ital; Vol. XI, n.1-2; 1994

· Burdo S.: La sordità infantile; Edizioni Masson; 1998

· Bryon N.: Digital Hearing Aids: where are they ? Hearing Instruments, vol. 37, n. 2; 1986


· Clerici M.: La protesizzazione acustica del bambino. Ed. CRS Amplifon; 1997


· Cuda D., Caroggio A.; Sordità infantile profonda. Ed. Santa Croce; 1997

· Deguine O., Garcia de Quevedo S., Fraysse B. et al.: Criteria for selecting the side for cochlear implantation. Ann. Otol. Laryngol., 166: 403-406; 1995

· Del Bo M., Fagnani E., Del Bo L., et al.: L'impianto cocleare. Guerini Scientifica Ed.; 1995
· Di Blasio V.: L'impianto cocleare per vincere le sordità profonde. Validità e limiti. L'educazione dei sordi, 3; 1994

· Fabry D.A.: Clinical Applications of Multimemory Hearing Aids, Hearing Journal, 49(8); 1996


· Garstecki D.C.: Older adults: hearing handicap and hearing aid management, American Journal of Audiology , vol. 5; 1996

· Herbs G.: The digitally programmable hearing instrument, Hearing Instrument, 3: 36; 1989

· Kochkin S.: Customer satisfaction & subjective benefit with high performance hearing aids, Hearing Review, 13 (5); 1996

· Manarolo G. : Musica & Terapia, Vol. VI N. 2; Luglio 1998

· Porta M. : L’uomo la voce la comunicazione verbale, Edizioni Guerini; 1999


· Tillberg I., Ronnberg J., Svard I., Ahlner B.: Audio-visual speechreading in a group of hearing aid users, Scand.Audiol, vol. 25; 1996

· Tomatis A. L’ascolto Umano: come nasce e si sviluppa, Edizioni Red. Como 2001


· Zaghis A., Ralli G.: Attualità sulla chirurgia dell’orecchio medio e base cranio. I° Convegno Phonak di ORL. Milano 1996


Didascalie foto


Fig. 2 Modelli di apparecchi acustici

Fig. 3 Impianto coclearie

Commenti

Post popolari in questo blog

TERAPIA DELL'ACUFENE