IPERACUSIA

IPERACUSIA O IPERSENSIBILITÀ UDITIVA, L’INTOLLERANZA AL RUMORE
ANTONIO DE CARIA - Studio Medico Auris - Mantova

Per iperacusia (comp. di iper- e del gr. ákoysis "audizione”) si intende un aumento aberrante della sensibilità uditiva, che molto spesso è associata alla percezione di suoni (acufeni). L’iperacusia è dovuta a una alterazione del sistema di elaborazione dei suoni a livello corticale, mentre l’orecchio, spesso, non risulta in alcun modo danneggiato. Le persone che lamentano iperacusia possono soffrire anche di fonofobia ovvero la paura a esporsi a suoni  particolari. Questa tendenza all’evitamento rivolta non solo alle possibili sorgenti di rumore ma anche verso le attività sociali, con conseguente isolamento e tendenza alla depressione, acquisisce tutte le caratteristiche di un problema medico su base psicologica. I fenomeni che avvengono sono dovuti, prevalentemente, al particolare tipo di connessioni che i circuiti acustici intrecciano con altre strutture del sistema nervoso, in particolare con il sistema reticolare (attenzione, vigilanza, reazione di allarme) e il sistema delle emozioni (amigdala). Il quadro sintomatologico è caratterizzato da reazioni fisiologiche fondamentali, che attivano a catena una serie di eventi potenzialmente nocivi. Gli effetti più immediati riguardano alterazioni del ritmo cardiorespiratorio e del tono muscolare e i riflessi neurofisiologici allo stimolo rumoroso (fenomeni di allerta). Sul piano clinico, l’ipercusia rappresenta una reazione specifica/aspecifica dell’organismo ad una sollecitazione acustica (anche di scarsa intensità). Questa condizione negativa sarebbe il risultato di una valutazione cognitiva che attribuisce agli stimoli valenze di eccesso e nocività. Un programma riabilitativo di qualunque ordine e grado deve tenere conto oltre alla presenza o meno di ipoacusia e acufeni, e non può prescindere da una corretta valutazione cognitiva del paziente. In tema di terapia l’approccio riabilitativo utilizzato nel passato, era l’evitamento indiscriminato di qualsiasi suono e/o rumore con, addirittura, l’utilizzo di tappi o altri inserti per chiudere le orecchie. Questo metodo non solo non determinava alcun tipo di beneficio, ma addirittura provocava un peggioramento dell’iperacusia perché la riduzione della stimolazione acustica, aumentava la sensibilità delle vie nervose deputate alla trasmissione dei suoni a livello corticale. Non solo, l’effetto “occlusione” operato dagli inserti aumentava la percezione degli acufeni nei pazienti in cui erano presenti entrambe i sintomi. Sebbene ancora minimamente utilizzata empiricamente, questo approccio è ormai abbandonato da tutti gli Specialisti. Negli anni novanta, viene introdotto un nuovo concetto di terapia basato sulla terapia del suono e sul counselling mirato. I pazienti con iperacusia vengono riabilitati in modo differente a seconda della copresenza di acufeni e deficit uditivi. Nei pazienti iperacusici senza o con acufeni, la “sound therapy” ha il compito di desensibilizzare gradualmente il sistema uditivo, iniziando con l’erogazione di suoni a bassa intensità, molto vicini alla soglia uditiva del paziente, per poi aumentare gradualmente in base al tipo di iperacusia e alla risposta del paziente stesso. Nei casi di copresenza di acufeni il suono erogato deve raggiungere, con incrementi lenti, il “mixing point”. Nel caso di iperacusia e ipoacusia si procede all’applicazione degli apparecchi acustici. Inizialmente l’amplificazione erogata deve essere minima per poi aumentare gradatamente, in stretta collaborazione con il gradimento e la capacità di adattamento del paziente. Il counselling comporta il “confezionamento a misura” del paziente, su come poter utilizzare i suoni (neutrali) ambientali adeguando il tutto alle specifiche circostanze. Il counselling per l’iperacusia ha come obiettivo quello di spiegare al paziente le linee-guida circa la graduale esposizione ai rumori ambientali che in precedenza potrebbero aver causato fastidio, ma che non dovranno più essere vissuti come un pericolo (non devono essere vissuti come qualcosa da evitare).

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