VERTIGINI E INSTABILITA'
VERTIGINI E INSTABILITA'
ANTONIO DE CARIA - Studio Medico Auris - Mantova
L’apparato vestibolare si definisce
come l’apparato della motilità riflessa involontaria e ha un ruolo essenziale
nel mantenere la stazione eretta (in risposta all’accelerazione gravitaria) e
nell’armonica esecuzione dei movimenti.
Le turbe
dell’equilibrio, per disfunzione dell’apparato vestibolare, in generale,
possono manifestarsi con due modalità sintomatologiche: vertigine e
disequilibrio.
La vertigine
si può definire come un turbamento della sensibilità spaziale che deriva da una
erronea sensazione di movimento del corpo o dell’ambiente circostante.
Il disequilibrio è
caratterizzato dalla sensazione di oscillazione della stazione eretta o di
instabilità/insicurezza nella marcia.
Frequentemente i due sintomi possono
coesistere o susseguirsi temporalmente. In rapporto alle caratteristiche del
sintomo, la vertigine può essere
suddivisa in: soggettiva, oggettiva e disturbi aspecifici dell’equilibrio.
Con il termine di vertigine
oggettiva si intende un disturbo caratterizzato da una illusione di
rotazione dell’ambiente rispetto al soggetto. Essendo solitamente improvvisa,
di notevole intensità, è spesso associata ad un corteo sintomatologico
importante: nausea, sudorazione, vomito, tachicardia.
La vertigine soggettiva è,
viceversa, una condizione caratterizzata da una illusione di movimento del capo
rispetto all’ambiente.
Normalmente la differenza è ritenuta
importante perché la vertigine oggettiva è più frequentemente periferica,
quella soggettiva è solitamente centrale.
Nelle forme periferiche, la vertigine
si può associare a ipoacusia e/o acufeni – es. sindrome di Ménière - in quanto
i due sistemi sensoriali sono topograficamente contigui. Nelle forme centrali,
viceversa, l’associazione di vertigine ed ipoacusia è meno comune.
Nel terzo gruppo di sindromi
vertiginose si inserisce tutta una serie di sintomi caratterizzati da disturbi
aspecifici dell’equilibrio. Alcuni di questi sono sinonimi tra loro, ad
esempio instabilità, disequilibrio, incertezza nel movimento; altri invece
rappresentano disturbi con caratteristiche patogenetiche differenti quali
l’oscillopsia, gli episodi sincopali, le cadute.
Nella valutazione della vertigine,
alla storia clinica deve far seguito l’esecuzione dell’esame obiettivo (bedside
examination), dei test funzionali ed eventualmente della diagnostica per
immagini al fine di giungere ad una diagnosi definitiva e all’esclusione della
presenza di patologie neoplastiche, vascolari o comunque potenzialmente
pericolose ed evolutive.
Nell’anamnesi vanno presi in
considerazione:
A) Fattori scatenanti, ad es.: lo stress per la malattia di Ménière e per molti casi di
disequilibrio; l’assunzione di particolari posizioni del capo per le vertigini
di posizione.
B) Andamento: le
vertigini potranno essere parossistiche
come nella malattia di Ménière e nelle vertigini parossistiche posizionali; acute come nelle neuriti e nelle
neuroniti; croniche più frequenti
nelle lesioni centrali.
C) Tipo di sensazione: vertigini oggettive, soggettive e disturbi aspecifici dell’equilibrio.
D) Sintomi associati: fenomeni neurovegetativi e sintomi uditivi sono più frequenti nelle
forme periferiche; diplopia, cefalea, emicrania, perdita di coscienza, in
quelle centrali.
Il disturbo dell’equilibrio può
ritrovarsi nelle comuni patologie cervicali, acute e croniche o postraumatiche
(es. colpo di frusta), dove assume più frequentemente le caratteristiche di un
disequilibrio. Talvolta un disturbo vertiginoso in corso di movimenti del capo
può essere determinato da patologie
malocclusive o a carico dell’articolazione
temporo-mandibolare. Ne deriva che un soggetto affetto da una vertigine
aspecifica, specie se associata a otalgia o a cervicalgie, deve essere valutato
anche nell’ottica di un possibile disturbo stomato-gnatico.
Così come numerose sono le strutture
implicate nel controllo posturale, numerose sono anche le cause di turbe dell’equilibrio che possiamo schematicamente
suddividere in: malattie neurologiche, vascolari, otologiche, alterazioni
posturali, deficit visivi, turbe psichiche. Anche diverse malattie generali
(ematologiche, endocrine, ecc.) possono presentare turbe dell’equilibrio per il
concomitante interessamento delle strutture suddette.
Lo scopo principale di un esame vestibolare è quello di
differenziare le patologie periferiche da quelle centrali; questo è
estremamente importante in quanto le condizioni patologiche periferiche sono
frequentemente autolimitanti, non minacciano la vita del paziente e, talvolta,
sono suscettibili di rapida ed adeguata terapia. Al contrario, la patologia
centrale, è spesso progressiva e più pericolosa.
Riguardo la terapia, negli anni il ruolo dei farmaci ha assunto minore
rilevanza: i farmaci a disposizione possono indurre un buon risultato
soggettivo per il paziente ma risultare nel contempo dannosi al compenso
vestibolare, di fondamentale importanza per il recupero funzionale.
Al contrario, la strategia rieducativa tende a riprogrammare la funzione
dell’equilibrio, o una sua sottofunzione, favorendo l’attività
adattativa-compensatoria o inducendo l’abitudine allo stato patologico.
Un discorso a parte merita la terapia
delle vertigini parossistiche da posizionamento del tipo cupulo o canalolitiasi
che attualmente consiste nelle cosiddette manovre liberatorie.
In ogni caso, la terapia rieducativa inclusa
la controversa strategia alimentare per la sindrome di Ménière, va iniziata il
più precocemente possibile.
Commenti
Posta un commento